Mariangela Bruno
Tommaso è decisamente antipatico. Senza mezzi termini e senza troppo girarci intorno.
Un piccolo uomo, immaturo, egoista, alquanto cinico e abbastanza vuoto. Un Peter Pan fuori tempo massimo come ce ne sono tanti intorno a noi… resi così poco interessanti dalla loro stessa ombra, dal patina di fuliggine e di grigio che li rende ormai ben oltre la noia… li restituisce all’indifferenza.
Beh a questo punto, la lettura del nuovo libro di Giulio Perrone “L’amore finché resta” dovrebbe concludersi dopo le primissime pagine.
Ha avuto coraggio l’autore a presentare un personaggio scomodo, piccolo, un uomo un pò miserello, senza (grande) spessore, ben avvezzo nell’arte del tornaconto personale. Il prototipo della ricetta perfetta di tanti quarantenni moderni: prendi una buona capacità di dissimulazione, unisci una manciata gratuita di disimpegno e disinteresse alle cose importanti, mescola con una costante spolverata di disinganno, agita bene il tutto con l’arte di trovare una strada facile, con finti sorrisi conditi da verace inautenticità… et voilà… Vi presento Tommaso.
E nonostante questo incipit direi assolutamente non lusinghiero per qualsivoglia recensione, io non ho chiuso il libro. Sono andata avanti. Ho voluto dar fiducia a questo uomo come tanti.. come un marito, un fratello, l’amico che critichiamo e che chiunque ha.
Tommaso Luciani è il marito Lucrezia, figlia pariolina di un altolocato notaio della Roma bene. Un matrimonio che gli permette l’ascesa dai quartieri di borgata. Un matrimonio senza grandi entusiasmi, qualche sporadico cliente e improbabile cliente per la sua professione da terapeuta, mantenuta giusto per evitare di sembrare troppo alle dipendenze economiche del suocero, i tanti tradimenti per sfuggire dalla noia, un’amante fissa e Pietro, suo figlio, un ragazzino con cui, se non ci fosse la grande passione comune per la magica Roma, non avrebbe alcun rapporto.
Accade l’imprevisto. O meglio l’irreparabile. La moglie trascurata gli da il ben servito.
Tommaso si ritrova in meno di un secondo fuori dalla bella casa, dal quartiere dell’high society, senza soldi. Costretto a rientrare nella casa della mamma, nel quartiere popolare di Roma Nord, dovrà trovare un modo per andare avanti. E sarà questa (apparente) discesa agli inferi, che gli permetterà di ricominciare di nuovo, dando forse un senso nuovo e rinnovato a quello che è, e forse non è mai stato. Per recuperare l’amore con il figlio, per dare probabilmente una nuova possibilità all’amore, almeno finché resta, per un senso di dignità alla sua persona… semplicemente per imparare a volersi bene.
Uno stile ironico, asciutto, schietto… a tratti irriverente, e solo apparentemente semplice. La sensazione che mi ha accompagnato per tutta la lettura del libro è che le parole ed i pensieri del personaggio fossero solo in parte la traduzione della sua vera natura, che non lo racchiudessero mai totalmente. Come se uno spiraglio fosse sempre dietro il primo sguardo non è esaustivo. C’è un sospirato ed un sussurrato in ogni azione di Tommaso che fin da subito fanno sentire che la svolta è dietro l’angolo. La trama narrativa serrata, ma mai stressata, si intreccia con la trama dei suoi pensieri e del suo sentire che man mano che le pagine del libro (stavo scrivendo della vita) vanno avanti, diventano più cariche di senso.
Giulio Perrone sceglie una cifra linguistica che attraverso la forza potente dell’accessibilità, ci consegna un personaggio che è quasi un uomo senza qualità, con una vita vuota di significato, ad un uomo che scopre come, quando e sopratutto perché cercare non Il , ma Un senso alla vita. Alla sua sicuramente.
“L’amore finché resta” è sicuramente un romanzo di formazione, lenta, progressiva e quello che stupisce anche semplice, pur nella complessità di qualunque processo di evoluzione e consapevolezza del personaggi/persona. Mi sono chiesta più volte se fosse proprio necessario toccare il fondo, e prima ancora vivere con mediocrità per avviare un riabilitante processo di risalita. Anche se nel romanzo si possono trovare tante formulette e regole (alcune scientemente provocatorie e anacronismo per qualunque donna e uomo che le osserva con il sopracciglio alzato), non c’è la risposta a questa domanda… c’è però Tommaso, un personaggio che in un avvincente crescendo, grazie anche ad una serie di rapporti e persone che si delineano intorno alle sue debolezze e convinzioni, capisce e mostra al lettore la sua carne e le ferite, avute ed inferte, un uomo che vive e probabilmente capisce la sua strada. Perché alla fine la strada è sempre un percorso personale… Tommaso decide di camminare, sbaglierà probabilmente di nuovo ( e questo è nella pagina del libro ancora non scritta…), ma Tommaso si è ripreso Tommaso. Un Tommaso che non c’era o che era nascosto sotto le aspettative e le maschere che ci diamo, prima ancora che gli altri ce le impongano.
Alla fine ho imparato non proprio a trovarlo simpatico, ma mi sono sentita vicina a lui. Un ponte di inaspettata e sincera empatia. E questo mi è bastato per sorridere e inviare una pacca di incoraggiamento a questo uomo che in fondo è solo “umano troppo umano”.
1 comment
I was reading some of your posts on this site and I think this web site is rattling informative!
Keep posting.Blog monry