Da Roma a Bolzano no autostrada.

by Mariangela

di Mariangela Bruno

Quando la fine coincide con l’inizio ciò che sta in mezzo deve essere diverso…

No non è la battuta finale o iniziale di in romanzo…ma è in sintesi l’inizio della nostra vacanza.

Quest’anno la tappa iniziale Bolzano e le sue fresche e verdi vallate sono la meta finale, il nostro “ok siamo arrivati” che in genere, non diciamo mai, neanche quando siamo ritornati a casa.

Per questo il tempo di avvicinamento doveva essere improntato sulla lentezza, su percorsi alternativi, su luoghi secondari che sono diventati primari, sulla scoperta di quello che i km macinati in autostrada livellando coprono. Ecco l’esperienza dell’andare non per andare in uno spazio/tempo preciso e definito, ma per placidamente conoscere il nuovo e l’insolito. Senza tappe stabilite sulla cartina, o mappe scadenzate da un orario E in questo scoprire…gioire.

Ed eccoli lì i paesini dai fantomatici nomi rientrati quasi nel mito dei viaggiatori che dallo stradone sempre uguale vedono su cartelli verde autostradali i loro nomi in bianco da inventario autostradale: Roncobilaccio, Sasso Marconi, Barberino del Mugello. Prendono forma e sostanza. E vita. Sono casette bianche con pezzi di giardini, vie tranquille di vita da piccolo paese di provincia, trasudano la sorniona vitalità tosco emiliana. Si popolano di ragazzini in biciclette, di uomini con il berretto, di giovani donne con la borsa della spesa, di vecchine dal balcone che contano le macchine passare ( e oggi la sento lei che dice” ehi Giovannina oggi è passato un camper con un adesivo di una famiglia…”). La pasticceria per un cappuccino al volo, sotto il porticato di mura di un piccolo borgo dai mattoni rossi, dal fascino imperituro e preservato del paese fuori dall’ondata del passaggio… il forno con il pan paglia dal suono fragrante appena sfornato, con una fila di signore in coda, che senza fretta e con sorrisi, guardando la vecchina di 80 anni che sorride tutta curva e nodosa addentare il panino morbido appena comprato…e la ragazza con quel sensualissimo e ironico accento che ti prepara il caffè.

E poi le insegne dei bar. Bianchi caratteri e dimensioni improponibili oggi, che non attirerebbero neanche un passante dallo spirito amarcord. Eppure li pieni di avventori, vecchini con il cappello a coppoletta, signore con le mani sulla parannanza a ciarlare. Immobili. Come se fossero sempre li. Sempre stati lì. Gli stessi avventori con le mani impegnate a giocare la stessa partita. La stessa eterna partita. E sempre in questi bar di paese c’è l’unica sorella della Luisona immortalata da Benni nel suo Bar Sport che guarda e sorride gli altri ridere. E sempre le stesse sornione risate grasse e piene. Placide ed immutate. E forse immutabili. Ed è questo il loro fascino nascosto.

Un aperitivo fronte porto di Talamone al tramonto

Un pranzo con vista sulle collene senesi

Una cena nello spiazzo persi tra l’appennino tosco emiliano.

Ecco cosa significa l’andare fuori, fuori percorso, fuori consuete e tracciate vie…. l’andare fuori qualche volta significa imparare ad essere dentro.

 

 

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