8 marzo Nome di donna. Il mio. A colori…comunque…

by Mariangela

in questo 8 marzo ricordo che qualche tempo fa ho visto un film che mi ha colpito molto. Nel profondo. Ne ho motivo. Ma in realtà anche se non si ha un motivo particolare (personale), questo film arriva proprio là dove deve arrivare. Come un pugno allo stomaco. E colpisce tanto proprio perché ancora non colpisce molti….

Scrissi questo messaggio alla protagonista del film. Come un dialogo tra chi sa e ha vissuto. Parole tra donne, nel delicato e potente “Nome di Donna”. Oggi, si proprio oggi 8 marzo, ma andava bene qualunque giorno… lo riscrivo e sotto(scrivo)

Sono Mariangela, sono una donna di 46 anni, mamma di due bambine e moglie. E sono “Nome di Donna”. Ieri sera ho visto il tuo film (mi permetto di darti del tu). Un turbinio di sensazioni durante la visione, lacrime e brividi alla fine del film. Ho pensato di scriverti e di condividere con te quello che ho provato.

Non voglio fare i complimenti all’attrice (che se li merita tutti!) ma voglio metaforicamente stringere la mano alla donna che ho visto fremere, piangere, lottare, smarrirsi e vincere sullo schermo, emblema di una realtà, purtroppo comune, in cui non sempre l’epilogo è un lieto fine, seppur sofferto, seppur con un prezzo alto da pagare.

Conosco quella realtà.

L’ho vissuta sulla mia pelle e la rivivo ardentemente ogni 8 marzo.

Come Nina, anche io ho avuto la forza di dire no. Ma per una serie di circostanze non ho denunciato il sistema. Non sono stata un “eroe buono”, non sono stata un eroe combattente. Eppure lo sono radicalmente come persona, ma in quel momento il gioco delle circostanze non mi ha fatto lottare. Per me e per tutte le altre. Il no che ho detto non mi ha salvato. Di quella salvezza che non è reale e sostanziale, se, pur salvando te, non fa da esempio per altre salvezze. Perché certi no, che sono comportamenti scelti, devono diventare lotta non solo per te, ma per “fuori da te”. Se non si ha questa forza, se non si fa emergere nel pubblico un fatto privato, nulla di quello che si è vissuto ha valore. Quel vero valore salvifico. Perché se serve a te, ma non serve intorno a te… serve davvero? So che la risposta è no.. perché si rimane servi…e serve ancora oggi del sistema. Catene intorno al collo, che non si vedono, ma che pesano e tagliano come spine nella carne, le cui cicatrici non andranno via. Mai più.Il mio no mi ha solo rivestito di una fuliggine pesante che mi ha fatto stare male, depressa e vittima due volte. Vittime di un maschio potente che pensava di avere il diritto di provarci e vittima di me stessa. Quello che mi ha turbato del film non è stato l’esercizio della violenza fisica, psicologica e sessuale, ma come le donne si muovono intorno a questo gioco che ti annienta a prescindere dai si o dai no dati.

Se vuoi davanti ad un caffè ti racconto la mia storia. Mi farebbe piacere incontrare un’attrice che rende “persona” i suoi “personaggi”. Davanti a quel caffè si potrebbero incontrare due donne che sanno quanta forza e tormento sta nell’alzare la testa e pronunciare quel Nome di Donna.

In ogni caso grazie davvero per aver interpretato magistralmente attraverso le espressioni del tuo volto, tutta la sofferenza, il silenzio nelle urla che possono non aver voce, la rabbia, l’impotenza e la forza, salvifica, quando arriva.

Nessun critico cinematografico potrà mai davvero esprimere il valore di quel “brava” rispetto a quello che viene dalle pieghe dell’anima di una semplice donna che sa….

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