Serata al cinema io e mia figlia Cloe, 8 anni
Wonder…
“Mamma quando vedo qualche bambino diverso da me, lo devo accogliere senza avere paura, con amore e gentilezza. E quando ho paura di qualcosa, devo schiacciarla e allontanarla da me. Non devo aver paura della mia paura. Così la paura si trasforma in gioia…”
Cloe e il suo cuore. Wonder❤️
Una storia.
Stazione di Livorno. In attesa del treno sulla banchina . Un ragazzo, probabilmente indiano, chiede in un italiano che non comprende né parla bene, se il treno con l’indicazione Salerno passa per Roma. Lo chiede con estrema gentilezza ad un uomo.
Osservo la scena.
L’interpellato aveva capito benissimo. Ma con un ghignetto, con fare velatamente ma palesemente sarcastico, ha fatto finta di non capire, lanciando sguardi di intesa misti a scherno ad una signorina sconosciuta accanto a lui. Il ragazzo con il suo borsone sotto un diluvio stava andando via. Sono intervenuta dicendogli con un sorriso che era sul binario giusto. Mi ha detto grazie con un sorriso, che diceva più delle parole che il suo italiano stentato non avrebbe saputo dire meglio.
Non sono fiera per essere intervenuta. Non ho fatto niente.
Sono strafiera delle mie parole direttr ai due, e al mio sguardo pieno di disprezzo e di vergogna per loro. Uno sguardo carico di biasimo che si è placato solo quando ho visto i loro occhi guardare a terra….
Di questo vado orgogliosa. Non ho lasciato impunito un atteggiamento vergognoso…
Questa è la vera natura del razzismo.
Non il fare qualcosa di eclatante.
Ma non fare quel piccolo gesto di civiltà, educazione e considerazione umana.
Questo è quello che ho vissuto. C’è chi può pensare che il termine razzismo è ormai talmente tanto usato, da essere abusato, e forse sdoganato. Non è così.Assolutamente no.
Infliggere umiliazione, non supporto, non vicinanza, derisione, senso di superiorità è razzismo. Chiamiamo le cose con il proprio nome. Io ero lì. Ho visto un imbecille prendere in giro una persona per il gusto di farlo. Perché era l’altro da deridere, era la preda facile, era il prossimo che non ti poteva capire, era il debole. Questo è razzismo. La paura dell’altro, l’incapacità vile e immonda di non entrare in contatto con le persone. Il razzismo non ha a che fare solo con la razza, ma con la paura ignobile del diverso. Ed è tanto più esecrabile tanto più esercitata nel momento in cui l’Altro sta chiedendo aiuto. Sono sicura che se avessi chiesto io l’informazione il misero uomo si sarebbe prodigato nel fornirmela nel modo migliore. Per favore ben attenti a sminuire.
Si demonizza lo straniero perché culturalmente non si e’ capaci di accogliere, scoprire e amare la parte del diverso, del non conosciuto dell’estraneo che e’ in ciascuno di noi. Ci illudiamo con le nostre misere certezze. Dovremmo crescere con ciò che ancora non sappiamo o che ancora non siamo. Lo straniero e’ portatore di altre culture e altra umanità. Solo per questo dovremmo accoglierlo per una nostra opportunità. Se c’è questa visione, si possono trovare soluzioni organizzative politiche sociali che promuovano accoglienza sana che si traduce in integrazione corroborante. La cultura del l’inclusione deve sovvertire l’ignoranza dell’esclusione.