Una abbazia con un tetto di stelle

by Mariangela

di Mariangela Bruno

È notte. La stanchezza incombe dopo ore di viaggio in camper tra riviste da leggere e peperoni da grigliare. La strada è tortuosa e si snoda sinuosa nelle terre toscane. Siamo vicino alla mia amata terra di Siena, luogo di ricordi di giovinezza, di studi, e del futuro che tutto poteva…

Arriviamo in un parcheggio in una radura. Deserto. Vuoto. Silenzio. La notte è piena di buio, interrotto da un manto stellato intenso, vasto, infinito. Le cicale nonostante la notte continuano a frinire…come allegre maracas da luoghi lontani irrompono e rompono il silenzio come se fossero note divertite e per lo più impazzite in una calda notte d’estate.

Soli nel silenzio di questa notte calda e avvolgente, ci incamminiamo verso questo immane rudere, di quel che resta di un tempo di fasti e attività, prima che un fulmine colpendo il campanile consegnasse l’edificio al mito, all’immortalità. Una pietra che non è più solo storia e funzione, ma fascino imperituro delle cose perdute. È proprio questo suo essere un ricordo che rende l’Abbazia di San Galgano un luogo magico nel suo mistero. Gettato solitario nella morbida campagna Toscana è li che si lascia guardare…

E noi in silenzio, soli nella notte andiamo ad osservarlo, ad ammirarlo avvolti solo dal buio, dalle cicale e dal bellissimo gioco di luci che rendono viva la pietra con l’altalena di chiaroscuri, di ombre e di luci, di vuoti e di pieni.

Domani ci sarà l’onda dei turisti. Con i selfie, il vociare, le mascherine, il sole che acceca e che appiattisce. Con il troppo che non disvela ma qualche volta copre.

Domani. Ora ci siamo noi. E basta. E ci basta. Solo il silenzio, la pietra illuminata, le cicale. Con gli occhi in alto eccola lì l’abbazia in tutta la sua silenziosa potenza: un rudere avvolta da un manto stellato. Che è lì per lui. Solo per lui.

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