di Mariangela Bruno
Sono sempre stata attratta dal potere delle parole, dalla loro possibilità di esercitare fascinazione, di ammaliare chi le ascolta, e di suscitare in chi le usa, le parla, le scrive una forza che si sprigiona attraverso loro… almeno per me è sempre stato così…
Le parole descrivono, evocano, cambiano e fanno cambiare, nascondono e disvelano… per non parlare della loro forza di consolare, ferire, costruire e distruggere…
Perché tutto questo incipit? Perche poi ti capita che fai una ciclabile dopo il tramonto, lungo un lago fresco di montagna… spinta dalla potenza del marketing che sono le serie tv che abbiamo divorato durante il lockdown…Curon appunto su Netflix… e le parole perdono importanza… non servono più… semplicemente sono insufficienti…
Pedali pedali in solitaria perché alle 21.00 davvero qui oltre a qualche fugace macchina e a una moltitudine di stelle e cicale, non c’è proprio nessuno… un po’ di strizza magari ti viene pure, perché sai che al ritorno la tua bicicletta, tra l’altro non munita di luce non potrà teletrasportarti su camper in sicurezza. Sai che dovrai andare a tentoni, sperando di essere un misto tra la donna bionica dalla supervista lunare, o più semplicemente un barbagianni che si muove in scioltezza al buio… insomma… mentre mi accompagno con questi pensieri pedalo pedalo… e mi conforta l’idea che almeno la foto che farò varrà il rischio di finire sommersa pure io dalle acque… risucchiata dal nero del lago per voler scoprire il campanile della chiesa sommersa… ecco là pronto il titolo del giornale di provincia del giorno dopo… vabbè vabbè sto cincischiando con le parole…. e poi… e poi… eccolo lì e la bocca si impasta… il fiato si ferma… i pensieri si bloccano… la tensione si sgonfia.
Tutto buio intorno. I profili del crinale della montagna neri e perfettamente definiti dagli ultimi bagliori di un tramonto lontano. Il gioco sapiente di luce arancione che illumina il campanile rivestendolo di un manto che lo fa paragonare alla Venere uscita dalle acque, le campane che non ci sono ma che senti ancora ritoccare con aria sinistra… il silenzio intorno… fascino e fragilità… il campanile, unico segno di un paese sommerso dal lago per ignara colpa della diga, è un imperituro segno di Resistenza, un elemento che resiste e con resilienza non sfugge al suo destino di decadenza e inutilità, ma lo reinterpreta e lo rinnova con il senso immortale del ricordo. Un simbolo della memoria, un elemento che ha fatto la fortuna di questo paesino sperduto nella più lontana e sperduta provincia trentina, un testimone fiero e inconsapevole del valore delle cose dimenticate, inutili, perdute e ritrovate, fragili perché inutili, potenti perché non necessarie… Sono rimasta affascinata dalla potenza straordinaria di questo campanile. Potente immagine. Potente emozione. Potente ricordo…
Non volevo descriverlo (ma forse ci ho provato e per me di fatto inevitabile) perché quella foto, che poi ho fatto, vale più di tante parole…